Tre livelli di conoscenza

Nell’insegnamento del Buddha troviamo tre parole che si riferiscono al processo cognitivo. Viññāṇa, Saññā e Paññā. Tutt’e tre presentano un etimo comune nella radice indoeuropea gna-, (scr. jña, che ritroviamo anche nel verbo attico γιγνώσκω, gignósco, e in quello latino cognosco). Qual è, quindi, la differenza di significato di questi tre termini?

«Fate conto che vi siano tre persone: un bambino in età prescolare, un villano incolto e un cambiavalute, che guardano lo stesso mucchio di monete sul bancone. Il bambino vede solo che le monete riportano figure, iscrizioni e ornamenti; e che sono di forme e dimensioni diverse; non sa che hanno un preciso valore di scambio. Il villano sa che le forme, le iscrizioni, le figure e le dimensioni diverse delle monete identificano il loro valore di scambio per l’uso commerciale; non conosce, tuttavia, distinzioni come: “Questa moneta è buona, questa è falsa, questa è fuori corso, ecc.”. Solo il cambiavalute padroneggia tutti e tre questi generi di conoscenza, che ha acquisito col tempo saggiando le monete, ascoltandone il suono quando vengono fatte risuonare e facendo uso dei sensi per riconoscerne l’odore, il sapore e il peso in mano, indizi dai quali deriva che è stata fatta in un certo luogo, da una certa zecca, su disegno di un certo mastro orafo ecc. Questo può essere un esempio.

  1. La percezione (Viññāṇa) è come il bambino che nella moneta vede solo le figure, le forme, le iscrizioni e le altre caratteristiche così come si presentano.
  2. Il riconoscimento (Saññā) è come il villano che sa che le iscrizioni e e le dimensioni delle monete identificano un valore commerciale di scambio.
  3. La comprensione (Paññā) è come il cambiavalute che sa anche distinguere se la moneta è buona o falsa, oppure se è fuori corso, o fior di conio ecc. e quale zecca l’abbia battuta, in quale anno, su disegno di quale mastro orafo ecc. Inoltre ne conosce anche il valore numismatico.

«Ecco perché l’atto di comprensione (Paññā) va inteso come “un sapere in un particolar modo differente dalle modalità della percezione e del riconoscimento”. A questo le parole “è comprensione nel vero senso di un atto profondo di comprensione” si riferiscono. Tuttavia, non sempre si trova dove stiano la percezione e il riconoscimento. Ma quando c’è la comprensione, essa non è scollegata dagli altri due stati; ma, poiché non sempre si può identificare: “Questa è la percezione, questo è il riconoscimento, questa è la comprensione,” si tratta di una differenza sottile e difficile da vedere.

«Perciò il venerabile Nāgasena disse:

― Una cosa difficile, o re, ha fatto il Sublime.

― Qual è, venerabile Nāgasena, la cosa difficile fatta dal Sublime?

― La cosa difficile, o re, fatta dal Sublime è la definizione degli stati immateriali della coscienza e dei suoi concomitanti, che si verificano in un unico oggetto e che egli ha tuttavia indicato così: “Questo è il contatto, questa è la percezione, questa è la sensazione, questo è il riconoscimento, questa è la reazione”».

Estratto dal Visuddhimagga del Ven. Buddhaghosa.
tradotto dal pāḷi col titolo La via della purificazione da Ñānamoli Bhikkhu.

2 comments

  1. Non ho mai trovato tanta chiarezza come negli insegnamenti di Buddha.
    Scompone i fenomeni a ritroso e tutto diventa chiaro.

  2. Questo si chiama “Discernimento”.

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