yo bÄlo maññati bÄlyaṃ paṇá¸ito vÄpi tena so
bÄlo ca paṇá¸itamÄnÄ« sa ve bÄlo ti vuccatiUn nescio che riconosca d’esser tale, almeno in questo è saggio; ma un nescio, che si crede intelligente e se ne vanta, è davvero uno scemo.
Dhammapada, gÄthÄ 63
Un gruppo di seguaci del Buddha giunse una volta al monastero per ascoltare il Dharma. Due ladri si infiltrarono. Mentre il primo era intento a derubare i devoti e, quindi, non prestava attenzione a ciò che diceva il Buddha, l’altro ascoltò con attenzione, comprese rapidamente il Dhamma e, all’istante, smise di rubare. Dopo il discorso tornarono al villaggio e prepararono la cena in casa del ladro che era riuscito a rubacchiare un po’ di denaro. Lui e la moglie deridevano l’altro: «Sei tanto saggio che a casa tua non hai niente da mangiare». Ma questi pensava tra sé e sé: quest’uomo è tanto nescio che pensa d’essere furbo. Il giorno dopo, il ladro diventato onesto, tornò dal Buddha e gli riferì l’accaduto. Il Buddha, con questa gÄthÄ, spiegò che il nescio che sa d’esser nescio è saggio almeno a questo riguardo, mentre il nescio che pensa d’esser furbo può a ragione essere considerato un vero scemo.

L’effetto Dunning-Kruger è una distorsione cognitiva a causa della quale individui poco esperti in un campo tendono a sopravvalutare le proprie abilità autovalutandosi, a torto, esperti in quel campo. Come corollario di questa teoria, spesso gli incompetenti si dimostrano estremamente supponenti.
Questa distorsione viene attribuita all’incapacità metacognitiva, da parte di chi non è esperto in una materia, di riconoscere i propri limiti ed errori. Il possesso di una reale competenza, al contrario, può produrre la distorsione inversa, con un’affievolita percezione della propria competenza e una diminuzione della fiducia in se stessi, poiché gli individui competenti sarebbero portati a vedere negli altri un grado di comprensione equivalente al proprio. Gli psicologi David Dunning e Justin Kruger, della Cornell University, hanno tratto la conclusione che: «l’errore di valutazione dell’incompetente deriva da un giudizio errato sul proprio conto, mentre quello di chi è altamente competente deriva da un equivoco sul conto degli altri».

Sebbene una descrizione dell’effetto Dunning-Kruger sia stata formulata solo nel 1999, gli stessi Dunning e Kruger hanno trovato considerazioni simili in Charles Darwin («L’ignoranza genera fiducia più spesso della conoscenza») e Bertrand Russell («Una delle cose più dolorose del nostro tempo è che coloro che hanno certezze sono stupidi, mentre quelli con immaginazione e comprensione sono pieni di dubbi e di indecisioni»). Geraint Fuller, a commento, notava che Shakespeare si è espresso in modo analogo in Come vi piace («Il saggio sa di essere nescio, è il nescio, invece, che crede di essere saggio»).

Risalendo ancora più indietro nel tempo, non si può non ricordare Socrate, che nella sua Apologia, riportataci dal suo discepolo Platone, afferma: «Dovetti concludere meco stesso che veramente di cotest’uomo ero più sapiente io: […] costui credeva di sapere e non sapeva, io invece, come non sapevo, neanche credevo di sapere». Alla base del pensiero di Socrate c’è proprio la convinzione di «sapere di non sapere», intesa come consapevolezza di non conoscenza definitiva, che spinge però al desiderio di conoscere: più ci si addentra nello studio e nella conoscenza, più ci si rende conto delle infinite ramificazioni del sapere. Ovvero il saggio, accrescendo la conoscenza in progressione aritmetica, accresce anche, in ordine geometrico, la cognizione della propria ignoranza. La conoscenza è un processo in divenire, mai del tutto esaurito. Prima ancora di Socrate individuiamo, forse, il germe più antico dello studio di Dunning-Kruger nella sopracitata gÄthÄ del Dhammapada proferita dal Buddha, che fu contemporaneo dei mitici Sette Savi dell’Antica Grecia, vissuti tra il VII e il VI secolo a.C.
63. Un nescio che riconosca d’esser tale, almeno in questo è saggio; ma un nescio, che si crede intelligente e se ne vanta, è davvero uno scemo.