Dopo un lungo iter più volte interrotto, il 31 dicembre 2012 il Parlamento italiano ha approvato, in via definitiva, l’intesa con l’Unione Buddhista e l’Unione Induista, poi entrata in vigore il 17 gennaio 2013, con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Un passo importante. Lo Stato italiano, infatti, per la prima volta ha riconosciuto in via istituzionale culti che non provengono dal ceppo giudaico-cristiano, nel rispetto del principio sancito dall’articolo 8 della Costituzione che garantisce la libertà di tutte le religioni purché i loro statuti non entrino in contrasto con l’ordinamento giuridico italiano.
L’intesa comporta il riconoscimento per i ministri, i luoghi di culto e le festività religiose, il diritto a scegliere procedure particolari per la sepoltura e ad avere aree riservate nei cimiteri. E, soprattutto, la possibilità di accedere all’8 per mille del gettito fiscale come le altre religioni riconosciute, la cattolica, la valdese, l’ebraica.
Le comunità buddhista e induista sono una realtà in crescita nel nostro Paese non solto per via dei flussi migratori. L’Unione Buddhista italiana è stata fondata a Milano nel 1985 e riunisce varie tradizioni: TheravÄda, MahÄyÄna Zen e MahÄyÄna VajrayÄna. I praticanti buddhisti italiani sono circa 80.000. A questi si aggiungono 20.000 più saltuari oltre ai circa 30.000 «nativi» provenienti dall’Asia. Per quanto riguarda gli induisti, sono oltre 135.000. Gli immigrati di religione induista sono 119.689 ai quali si aggiungono 15.000 italiani convertiti. Solo a Roma ci sono 9.744 immigrati di fede induista.
I rappresentanti dell’Unione Buddhista, Raffaello Longo e Maria Angela Falà , e quelli dell’Unione induista Swami Yogananda Giri e Franco di Maria, sottolineano l’importanza dell’intesa anche per favorire l’integrazione degli immigrati. E non solo.
Con l’intesa si apre alla possibilità di costituire liberamente scuole ed istituti di educazione nel rispetto della normativa sulla parità scolastica. Nell’accordo si prevede anche il riconoscimento per i ministri di culto, per i quali ci sarà un apposito elenco in modo che sia verificata la loro attestazione. I ministri potranno assistere spiritualmente i loro fedeli anche nel caso fossero ricoverati in ospedale o in case di riposo oppure detenuti in carcere. Verranno considerati validi i matrimoni celebrati con i riti di queste confessioni purché, come avviene per il rito cattolico, l’atto venga poi trascritto nei registri di stato civile. Si rispetteranno le regole della tradizione per quanto riguarda il trattamento delle salme e la tumulazione, cercando di prevedere aree riservate nei cimiteri.
Dato poi che agli effetti tributari sia l’Unione induista e sia quella Buddhista sono equiparate agli enti aventi fine di beneficenza o di istruzione tutte le donazioni a loro favore saranno deducibili dal reddito fino all’importo di 1.032,91 euro.