Tutte le cose sono precedute dalla mente, hanno la mente come base, sono create dalla mente; se qualcuno parla o agisce con mente guasta, allora la sofferenza lo segue, come la ruota segue il passo del bue che lo traina (Dhammapada, 1).
Tutte le cose sono precedute dalla mente, hanno la mente come base, sono create dalla mente; se qualcuno parla o agisce con mente lucida, allora la felicità  lo segue come un’ombra che mai non si distacca (Dhammapada, 2).
Questi due versi costituiscono l’incipit del Dhammapada, la più popolare scrittura buddhista. Ciò che balza all’occhio del lettore è il contrasto tra le due similitudini con cui l’immaginifico Autore cattura l’attenzione: da una parte un essere vivente che procede faticosamente nella vita trainando il fardello karmico prodotto dalla sua propria mente proliferante e che, nella sua ignoranza, non sa d’esser l’autore del tremendo disagio che patisce. Dall’altra parte abbiamo, invece, un’ombra che non pesa nulla e che, tuttavia non si distacca del corpo del vivente che la proietta sul terreno, immagine di un buon karma che lo segue senza appesantirlo. In questo modo il Buddha ci dice che la pesantezza e la leggerezza dell’essere dipendono in gran misura da noi. Se aspiriamo a liberarci della fatica, dello stress, dal male di vivere, possiamo cominciare a porre un freno, con la pratica della meditazione, all’attività incontrollata della nostra mente proliferante.