Quando Gesù non era ancora nato, il 25 Dicembre si festeggiava nell’Impero Romano il Giorno Natale del Sole Invitto (Dies Natalis Invicti Solis). I nostri antenati avevano notato che, a mano a mano che l’inverno avanzava, le giornate andavano accorciandosi, mentre le notti, corrispondentemente, si allungavano, fino al Solstizio d’Inverno. Le giornate più corte dell’anno si collocano dal 18 al 25 Dicembre e durano, a Milano, circa 8 ore e 43 minuti. Un’intera settimana in cui il Sole non cresce e non cala, cioè «sta» (Sol stat). Il 25 Dicembre riprende percettibilmente a crescere e con lui le giornate, tornando così a «vincere» sulla notte e sul buio.
Un antico mito egiziano narra che «in principio erano le acque del caos e le tenebre le ricoprivano. La materia si preparava. Finché un azzurro Loto primigenio non sorse dal nero abisso. Lentamente aprì i petali, per rivelare un giovane dio assiso nel suo cuore d’oro. Un dolce profumo scivolò sulle acque e la luce effluì dal corpo di questo Divino Bambino per scacciare le tenebre universali. Questo bambino è l’Amico, Mithra, il Sole Invitto, il Creatore, la fonte di tutta la vita».
Il Loto primigenio chiuse i petali alla fine del giorno e il caos potè di nuovo regnare sulla notte finché il dio racchiuso nel Loto non tornò. Fu allora che il Creatore s’accorse d’essere solo. Questa solitudine gli divenne insostenibile; così desiderò che altri esseri venissero a condividere il nuovo mondo con lui. I pensieri del Creatore divennero gli dèi, gli uomini e tutto ciò che esiste. Allorché i pensieri di Mithra li modellavano, la lingua del Creatore diede loro un nome, dando loro vita. Pensieri e parole erano il potere dietro la creazione. Gli uomini videro il Loto azzurro aprirsi ogni mattina; ne videro l’intenso centro dorato sullo sfondo dei petali azzurri a imitazione del cielo aprirsi per salutare il Sole, rilasciando un dolce profumo. Ogni pomeriggio lo videro chiudersi di nuovo solo per riaprirsi il giorno dopo.
Le acque aumentarono, ma il Gioiello nato dal Loto si erse al disopra di loro. Estati torride bruciavano e inverni gelati montavano, ma il gioiello del Loto non ebbe né sudore né brividi. E poi cicloni si levarono sulla terra, ma la polvere che alzavano, che tutto avvolgeva, dalla terra al cielo, non lo raggiunse. Niente inquinò la sua purezza e non influì affatto sulla sua quiescenza celestiale. I venti non lo scossero, non lo fecero né il freddo né il gelo. Le profondità infere e le altezze supere non poterono spaventarlo. Distaccato, accoccolato nel suo letto splendente, si stendeva in lungo e in largo cullando nel suo seno le forme del mondo circostante e l’assenza di forma dei cieli superni. I saggi ci rivelarono che, sebbene lo status materiale del loto appartenga alla forma, in esso si rivela, misticamente, il senza-forma simboleggiato dal gioiello supremo che si evolve all’interno, così come il loto dalla melma primordiale o il fiore dal bocciolo serrato come una gemma.
Quando un devoto del Buddha canta Aum mani padme hum, sa che padma significa il loto, e mani la gemma datrice di vita. Ma forse non sa che questa gemma era, per gli Antichi, Mithra, il Sole Invitto, adottato dalla nuova religione come Bodhisattva Maitreya. Proprio come il fedele cristiano non sa che la data di nascita di Gesù è andata a sovrascrivere quella di un dio più antico, ma ugualmente splendente, amato e venerato, in Oriente come in Occidente.